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Lavoro in quota

Lavoro sotto quota e lavoro non in quota - cosa significa e cosa comporta

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Quando si può parlare di lavoro non in quota? Esiste una responsabilità in caso di infortunio in questo caso?

Iniziamo con dire che il lavoro sotto quota niente altro è che una qualunque attività svolta su un piano posto ad una quota inferiore ai 2 metri, che rappresentano la soglia che fa “scattare” appunto il lavoro in quota.

Come dobbiamo comportarci pertanto con il lavoro non in quota o più correttamente detto lavoro sotto quota?

Ci viene in aiuto una recentissima sentenza della Corte di Cassazione nella quale si parla proprio di lavoro non in quota o cosiddetto lavoro sotto quota, legata ad un infortunio avvenuto a seguito di una caduta da un trabattello con tavola posta a 1.5m da terra.

In primo grado il Tribunale aveva riconosciuto i titolari della società, del lavoratore infortunato come responsabili del reato di lesioni colpose, più risarcimento dei danni in sede civile. La Corte di Appello invece aveva dichiarato di non procedere per essere il reato estinto per prescrizione confermando comunque il risarcimento del danno di sede civile.

Era accaduto che un operaio dipendente, impegnato insieme ad altri due colleghi, a fissare una lamiera in ferro, stando in piedi sopra un trabattello posto a 1,5 metri da terra, in mancanza di corrimano di protezione, cinture di sicurezza, è rovinato a terra riportando lesioni guaribili in oltre quaranta giorni, in particolare un trauma cranio-encefalico tale da renderlo non autosufficiente.

Gli articoli citati nel testo della condanna richiamava la regola del punto 1.7.3. dell’allegato IV del D. Lgs. 81/08 di seguito riportata. 

lavoro sotto quota
Persona sulle scale

1.7.3. Le impalcature, le passerelle, i ripiani, le rampe di accesso, i balconi ed i posti di lavoro o di passaggio sopraelevati devono essere provvisti, su tutti i lati aperti, di parapetti normali con arresto al piede o di difesa equivalenti. Tale protezione non è richiesta per i piani di caricamento di altezza inferiore a m 2,00.

Le ragione dell'accusa

L’accusa nei primi gradi di giudizio ha fatto leva su quanto indicato dal punto 1.7.3. con particolare riferimento al fatto che il piano del trabattello non fosse un piano di caricamento bensì un vero e proprio piano di lavoro che a prescindere dall’altezza necessitava di una protezione ulteriore.

Il lavoro sotto quota: Il ricorso per Cassazione

I titolari hanno ricorso in cassazione. Gli stessi hanno chiesto l’annullamento della sentenza della Corte di Appello per motivi legati a vizi di forma e per non avere spiegato il motivo per il quale gli imputati avrebbero dovuto adottare determinate cautele, nonostante fosse stato accertato il lavoro non in quota (lavoro sotto quota) e che il lavoratore agisse tra l’altro in posizione seduta.

La decisione della Cassazione

I ricorsi sono stati ritenuti infondati dalla Corte di Cassazione. Con riferimento in particolare al fatto che l’operazione in corso al momento dell’infortunio non fosse un lavoro in quota ma un lavoro fatto nel mentre l’operaio si trovasse su di un trabattello con piano di calpestio posto a circa un metro e mezzo dal terreno, la Corte suprema ha evidenziato che “il piano ove il lavoratore era collocato non era da considerarsi piano di caricamento, che non richiede protezioni, ma un vero e proprio piano di lavoro, che, benché collocato ad altezza inferiore a due metri, rende necessaria la predisposizione di barriere o di altre cautele in applicazione della regola cautelare indicata al punto n. 1.7.3. dell’allegato IV al D. Lgs. n. 81 del 2008”.

lavoro sotto quota

Lavoro Sotto quota: Commenti personali alla sentenza

Risulta molto semplice commentare la sentenza appena analizzata in quanto molto chiara e stranamente lineare nelle valutazione di merito e soprattutto nel giudizio finale in Cassazione. Si tratta in ogni caso di uno scenario molto frequenza e dettato anche purtroppo da convinzioni di ragione culturale e formativa, che per anni ha portati tutti, consulenti compresi in certi casi, a ritenere che l’obbligo di tutela scattasse esclusivamente nel caso di lavoro in quota, cioè su attività svolte con piano stabile oltre i 2m. 

Questa convinzione nasce purtroppo dall’assunto di partenza dell’art.107 nel quale si definisce cosa significa “lavoro in quota”, elencando nei successivi articoli tutti gli obblighi e le cautele da attuare in tale scenario. Si tratta in questo caso di norme specialistiche che in questa particolare condizione di lavoro si “attivano” e devono essere rispettate, compresso l’obbligo di attuare elementi di protezione collettiva ed individuale con questo ordine di priorità.

La norma alla quale tuttavia il caso specifico fa riferimento non trova origine all’interno del Titolo IV cioè fra le norme dei cantieri che rappresentano norme specialistiche, bensì nell’allegato IV una norma di tipo generale che si applica a qualunque posto di lavoro.

Alla luce di questa sentenza, per quanto questo conduca a paradossi nel dover adottare protezioni in qualunque condizione di dislivello rispetto ad un piano stabile, occorre porre attenzione non solo alle condizioni di lavoro (minore o maggiore di 2 metri) ma anche alle condizioni di contorno che in ogni caso possono produrre un danno in caso di caduta. Ad esempio un dislivello di 50cm può produrre un danno in caso di caduta. La probabilità sarà dalla nostra parte nell’affermare che questo sia poco probabile, ma l’accezione probabilistica del rischio deve sempre ricordarci che nei casi in cui ci sia un rilascio di danno, questo implica il fallimento della nostra valutazione del rischio o come nel caso specifico nel mancato rispetto di un precetto normativo.

Si tratta a mio avviso di una sentenza molto importante che stravolge delle convinzioni purtroppo ben radicate che solo in certi condizioni debba scattare una valutazione del rischio e pertanto obblighi di tutela del lavoratore. Il caso specifico ci ricorda non purtroppo così non è, e ci pone di fronte a necessità di limitare quanto più possibile ogni situazione di caduta non protetta, sia in cantiere che in qualunque altro ambiente di lavoro. Ad esempio porto avanti da anni la mia lotta contro le scale portatili, che per l’art.113 non sono vietate, assolutamente, purché a norma e con tutti gli elementi di sicurezza del caso. Tuttavia la scelta del legislatore è quella di fornire piena scelta al datore di lavoro e nel ricordare che l’uso della scala è consentivo SOLO in quei casi dove tempi e rischi esistenti non sono in grado di giustificare l’uso di elementi più sicuri. Tradotto, la scala si può usare solo nei casi in cui non rischi di cadere, per se la caduta avviene e produce in danno, questo implica che la scala non andava usata.

Sono consapevole della difficoltà di messa in pratica di questo criterio, però come si diceva ai bimbi tanti anni fa, uomo avvisato, mezzo salvato. Guarda i nostri servizi per i quali possiamo esserti di aiuto.

Ing. Lorenzo Fé

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